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Il Museo dei Brettii e degli Enotri  
 

La nascita del Museo è legata alla formazione del nucleo originario della sua collezione, grazie agli scavi effettuati nel 1888 intesi all’individuazione dell’antica colonia magno greca di Sybaris. Le ricerche interessarono diverse località della Sibaritide: Torre del Mordillo (Spezzano Albanese), Cozzo Michelicchio, contrade Caccia di Favella e San Mauro (Corigliano Calabro).Dal rinvenimento dei materiali della Sibaritide fino al 1939 la collezione del Museo si arricchì a più riprese, sia per l’acquisto di materiale sporadico, sia in virtù di nuove scoperte. Nel 1911 fu acquistato il primo nucleo del monetiere, rinvenuto nel ripostiglio di S. Marco Argentano, nel 1916 furono inserite nella collezione le lucerne di età romana, provenienti da Cerchiara, e nel 1931 confluirono nella raccolta altri reperti dal territorio di Cirella.
Nel 1932 si unirono a questo materiale i reperti rinvenuti nella località Mojo di Cosenza, in occasione della costruzione dell’Ospedale Civile, dove fu scoperta una necropoli brettia. Tra il 1933 e il 1935 si aggiunsero i reperti della necropoli di Francavilla Marittima e i bronzi rinvenuti nel territorio di Amendolara. A dare nuova fisionomia ed impulso a questa istituzione fu l’allora direttore Giacinto d’Ippolito, al quale nel 1939 si deve la collocazione dei reperti in appositi scaffali e la loro catalogazione. Da allora il Museo subì diverse vicissitudini e solo nel 1970 l’Assessorato al Teatro ed alla Cultura del Comune di Cosenza programmò il restauro e il nuovo allestimento del Museo a cura Pietro Giovanni Guzzo, presentato alla cittadinanza nel luglio del 1980.
Il Museo rimase negli ambienti del Palazzo della Biblioteca Civica fino al 2003, anno in cui si rese opportuno chiuderlo per destinarlo finalmente al Complesso Monumentale di S. Agostino. Qui all’inizio del 2008, la collezione archeologica ha finalmente trovato la sua collocazione definitiva.

L’attuale esposizione dei reperti è frutto di studi recenti e di una nuova interpretazione dei contesti archeologici, ispirati dalla scoperta di importanti documenti d’archivio, che hanno consentito di dirimere diversi dubbi sulle esatte provenienze e datazioni dei reperti.
Gli Enotri
Gli Enotri, popolazione indigena abitante la Calabria settentrionale dal medio bronzo, aveva uno dei siti più importanti in Torre del Mordillo (Spezzano Albanese), centro prospiciente la piana di Sibari. Qui nel 1888, ai piedi dell’altura Nord-Est furono scavate 230 tombe, portando alla luce una delle più vaste necropoli enotrie. I reperti esposti indicano che probabilmente questa area sepolcrale venne usata per circa sei secoli, dall’età del bronzo recente fino alla fondazione di Sibari (circa 1.350 - 720 a. C.). Gli Enotri seppellivano i defunti in tombe a fossa con oggetti personali, indossati sul vestito funebre o deposti vicino al corpo e con vasi di ceramica chiara o d’impasto scuro, usati per contenere bevande e cibi.
Nei corredi funebri spiccano gli oggetti più frequenti per gli uomini: le armi (spada, lancia), rasoi, coltelli e le fibule con arco serpeggiante che ne fermavano il vestito o il mantello; per le donne, invece, abbondano gli ornamenti della persona: numerose fibule di diverse dimensioni, fermatrecce, collane, cinturoni di lamina, braccialetti, anelli di filo a più giri alle mani e ai piedi, pendagli di catenelle e gli oggetti per filare e tessere (fusaiole e pesi da telaio). La ceramica più comune era quella d’impasto, non dipinta, e prodotta quasi sempre a mano. Le forme servivano soprattutto per il consumo di bevande: brocche per versare, piccole tazze dall’alte anse per attingere e bere, vasi a otre (askòi) per contenere e versare. Circa nel 10% delle tombe è presente la ceramica depurata, dipinta con motivi prevalentemente geometrici e che presentano analogie con le contemporanee produzioni greche. Come per l’impasto prevalgono le forme per contenere, versare e consumare liquidi.
I Brettii
Gli storici antichi (Strabone, Diodoro Siculo, Giustino ecc.) fanno riferimento alla comparsa in Calabria, intorno alla seconda metà del IV sec. a.C., del popolo italico dei Brettii che si andava espandendo nella terra degli Enotri ai danni delle colonie greche della costa. Secondo la tradizione erano servi-pastori dei Lucani da cui si distaccarono in seguito ad una ribellione e, dedicatisi dapprima al brigantaggio e alle scorrerie, successivamente si riunirono in una Confederazione che elesse come capitale (metròpolis) Cosenza (circa 356 a.C.). Nonostante vari tentativi di resistenza all’espansione romana in Italia meridionale, che li videro anche alleati con i Cartaginesi durante la seconda guerra punica (219 - 202 a. C.), non ebbero la capacità di opporsi alla conquista definitiva del Bruzio (fine del III sec. a. C.).
Probabilmente il Colle Pancrazio era abitato prima del IV sec. a.C., tuttavia, solo allora assunse il ruolo di capitale sugli altri villaggi bruzi. Una cinta ellenistica cingeva il colle a Nord-Est scendendo a valle verso l’attuale quartiere di S. Lucia fino a via Bombini, e all’interno delle mura era concentrato l’abitato i cui resti sono venuti alla luce nei recenti scavi urbani del Centro Storico.
Per quanto riguarda le necropoli, sappiamo che esse erano concentrate fuori dalle aree abitate. Sulle pendici nord–occidentali del colle Pancrazio, in contrada Villanello, è stata individuato un capitello ionico, probabilmente parte di una colonna che decorava la fronte di una tomba a camera di un individuo dominante del gruppo brettio. Nel 1932, in occasione della costruzione dell’Ospedale Civile dell’Annunziata, in località Mojo, è stata riportata alla luce una necropoli da cui provengono, oltre a vasi miniaturistici a vernice nera, oggetti in piombo (candelabri, alari, spiedi) che attestano l’uso dei Brettii di deporre nelle tombe utensili legati alla vita domestica e che rimandano alla pratica del simposio mutuata dai Greci.

 
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