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Il Teatro Comunale “Alfonso Rendano”  
Di Luigia Pastore  
 

Il Teatro Comunale Alfonso Rendano di Cosenza, teatro di tradizione, è situato in piazza XV marzo, nella parte più prestigiosa del centro storico cittadino, sorto sulle pendici del colle Pancrazio. Nella bella piazza si affacciano altri edifici e monumenti di notevole importanza storica e artistica: il Palazzo del Governo, attuale sede della Provincia, edificato sul preesistente convento settecentesco di Santa Maria di Costantinopoli, il palazzotto che ospita l’Accademia Cosentina e la Biblioteca Civica, il cinquecentesco Palazzo Sersale-Telesio e la statua della libertà qui collocata in ricordo della sfortunata campagna dei fratelli Bandiera e dei loro compagni e dei moti risorgimentali del 1844.
La storia del Teatro Alfonso Rendano affonda le sue radici nel Rinascimento, epoca che vide nascere in città le prime opere teatrali e le prime esperienze musicali ed è preceduta dalle vicende di tre teatri cosentini dei quali oggi non è quasi rimasta traccia, ma che sono silenziosa testimonianza del profondo fermento culturale che ha sempre attraversato la città di Cosenza sino all’Ottocento, epoca in cui la storia teatrale di Cosenza si intreccia con la storia politico-diplomatica della penisola e dell’Europa.
Infatti con un regio decreto dell’8 giugno 1810 Giocchino Murat dispone che l’amministrazione cittadina realizzi la costruzione di un teatro, ma soltanto nel 1819 Re Ferdinando di Borbone ne decretò ufficialmente la costruzione, imponendo anche ai cittadini agiati di sostenerne le
spese e, con decreto dell’Intendente Alessandro Mandarino, sorse il Teatro Real Ferdinando,
sul posto di una antica chiesa del soppresso ordine dei Gesuiti, area oggi occupata dal vecchio liceo “Bernardino Telesio”.
Promosso dal barone Vincenzo Mollo, progettato dall’ingegnere Fazio ed eseguito dall’architetto Vincenzo De Grazia, il Teatro fu ultimato nel 1830 ed intitolato a Ferdinando II di Borbone.
Ma, rientrati in città nel 1850, i Gesuiti chiesero a Ferdinando II l'abbattimento del Teatro e la ricostruzione della loro Chiesa. La richiesta fu accolta e nel 1853 il Teatro Real Ferdinando venne demolito, tranne il pronao templare con quattro colonne doriche e il frontone in stile neoclassico. Ma la Chiesa non fu mai ricostruita, l’edificio demolito restò per anni un rudere, finché – dopo la nuova e definitiva soppressione dei Gesuiti e dopo l’Unità d’Italia– non venne destinato a sede del Liceo Classico.
Intanto nel 1857 per iniziativa di alcuni privati cittadini amanti dell’arte, nel largo della Prefettura venne eretto un teatro in legno, il cosiddetto Baraccone ligneo, utilizzando gli arredi provenienti dallo smantellamento del vecchio Real Ferdinando.
Il Teatro Baraccato venne costruito sul fondo Paradiso appartenente alle sorelle Frugiuele, di fronte al palazzo della Prefettura.
Intanto i primi di settembre del 1860, il generale Garibaldi entrava in Cosenza, ed in suo onore, sulle rovine del Teatro Real Ferdinando, venne fatto costruire il Teatro Garibaldi, un baraccone in legno progettato dall’ ing. Miceli, destinato ad ospitare gli spettacoli delle compagnie di prosa in transito per la Sicilia:della sua attività, alquanto frammentaria, se ne ha notizia fino al 1903, quando fu demolito per far posto al Convitto Nazionale.
Nel 1877, avvenuto l’allargamento della piazza, il Comune decise la costruzione del nuovo Teatro Comunale sull’area occupata dal Baraccone, su progetto dell’ing. Nicola Zumpano, dell’Ufficio tecnico comunale. I lavori procedettero a fatica, furono sospesi più volte. Finché un nuovo appalto fissò la data per l’ultimazione dei lavori al 21 luglio 1900, ma il termine non fu rispettato perché le decorazioni realizzate all’interno da Giovanni Diana di Napoli scatenarono aspre polemiche che si placarono soltanto nel 1902, anno in cui si pensò finalmente all’inaugurazione con l’opera Consuelo del maestro Alfonso Rendano. Purtroppo l’improvviso crollo del soffitto fece ulteriormente slittare l’apertura.
Finalmente il 20 novembre 1909 con Aida di Giuseppe Verdi, l’orchestra diretta dal Maestro Perosio, la compagnia Corsi-Bruno-Areson-Minolfi, il Teatro Comunale o Massimo apre le sue porte alla città tra polemiche e disapprovazioni per il costoso sfarzo della soirée e le eleganti toilettes delle signore e signorine dell’alta borghesia e dell’aristocrazia cittadina. L’Aida ebbe comunque un grande successo, la compagnia fornita dall’impresa Guidi-Quaranta aveva offerto alla città uno spettacolo di alto livello. La Stagione Lirica proseguì con Mefistofele e Rigoletto, sempre con gli artisti del Petruzzelli di Bari.
Il Teatro Comunale presentava una vasta sala con tre ordini di palchi rivestiti in velluto rosso cremisi, aveva belle decorazioni pittoriche ed in stucco realizzate da Giovanni Diana di Napoli nella sala, da Enrico Salfi nel soffitto che presentava in distinti gruppi di figure l’allegoria delle tre arti sceniche: la Musica, la Danza e la Drammatica. Il sipario storico disegnato da Domenico Morelli ed eseguito dal napoletano Paolo Vetri nel 1901, e che si conserva ancora oggi, illustra il festoso arrivo a Cosenza, nel 1433, di Luigi III d’Angio’, duca di Calabria e della sua giovane sposa Margherita di Savoia.
Il periodo che va dal 1916 al 1920 non è tra i più felici: l’attività teatrale venne notevolmente ridimensionata a causa della dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando il Massimo fu temporaneamente adibito a caserma militare.
Le attività teatrali ripresero nel 1920 con il Rigoletto, cui seguirono La Traviata, Lucia di Lammermoor, Il Barbiere di Siviglia, Tosca, tutte dirette da Emilio Capizzano, maestro rendese che diresse tutte le opere fino al 1925.
Nel 1935 il Teatro Comunale venne intitolato al pianista e compositore Alfonso Rendano, nato nel vicino borgo di Carolei e famoso perché inventore del terzo pedale indipendente. Fu autore dell’opera Consuelo e di altri pezzi sinfonici.
Numerosi cantanti lirici calcarono le scene del Rendano: Gemma Bellincioni, Titta Ruffo, Giacomo Lauri Volpi, Ferruccio Tagliavini, Tito Schipa, Tito Gobbi, Benvenuto Franci, Gina Cigna, Giovanni Martinelli.
Nel 1943, nel corso di un’incursione area, il Teatro venne gravemente danneggiato, furono rubate suppellettili di grande valore. Negli anni del dopoguerra venne anche usato come dimora di sfollati.
Fu l’inizio di una forzata inattività che durò circa 23 anni: da quel momento la vita teatrale cosentina subirà una brusca paralisi che priverà la città dello spazio più importante per la cultura e lo spettacolo.
Incoraggiata fattivamente dal Senatore Nicola Vaccaro, la ricostruzione del Teatro ebbe inizio nel 1960. Il Comune affidò all’architetto partenopeo Ezio Gentile la progettazione del nuovo Teatro che fu ricostruito in stile neoclassico, ricalcando quasi fedelmente lo schema originario; vennero solo apportate alcune modifiche all’impianto elettrico, al palcoscenico, alla buca dell’orchestra ed impreziosito da stucchi e decorazioni che adornano tutti gli spazi interni. Fu ricavato, in corrispondenza dell’ultimo piano dell’edificio, un ampio ridotto, più tardi intitolato al Maestro e compositore cosentino Maurizio Quintieri.
I lavori di ricostruzione del teatro, seguiti dall’allora Ministro del Lavori Pubblici Giacomo Mancini, furono completati nel dicembre del 1966.
Il 7 gennaio 1967 i cosentini assistettero all’inaugurazione del nuovo Teatro con la rappresentazione della Traviata di Verdi, diretta dal Maestro Alberto La Rosa Parodi e interpretata da Virginia Zeani, Luciano Saldari, Lino Puglisi.
Il 16 novembre 1976 il Teatro Comunale “A. Rendano” venne riconosciuto, con decreto del Ministro dello Spettacolo, teatro di tradizione per la qualificata attività culturale e artistica svolta e per il particolare impulso alle locali tradizioni artistiche e musicali.
Da questo momento il Rendano è divenuto il fulcro delle attività artistiche dell’intera Regione, ponendosi anche l’obiettivo di soddisfare la richiesta di un pubblico sempre più esigente e numeroso.

 

 
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